Questo di Tammuz è un romanzo che va prima digerito e poi
commentato, adesso , a distanza di alcuni giorni dalla fine della lettura,
penso di poterne parlare...
La particolarità del romanzo sta nel fatto che la storia
viene narrata e rinarrata ogni volta daccapo, ma da un punto di osservazione
sempre diverso, ossia da quello dei vari personaggi.
Protagonista maschile è un agente segreto il quale, un bel
giorno, salendo su un autobus nota una
giovane donna (diciamo quasi una ragazzina) dalla quale rimane folgorato. La
segue e, senza neppure conoscerla , si innamora perdutamente di lei. Da quel
momento e per tantissimi anni tra i due inizia una fitta corrispondenza mai
coronata da un incontro, solo da una foto che lui decide di spedirle solo dopo parecchio tempo e nel dubbio di non
poterla mai più rivedere.
Quello che nasce tra i due è un amore forse malato, fatto di
appostamenti , manipolazioni e, forse, anche un omicidio, ma si tratta comunque di un amore intenso e
fondamentalmente platonico fatto di musica, appuntamenti solo spirituali,
paure, lunghi silenzi pazienza e
fiducia.
Sicuramente una tecnica narrativa vincente che ci fa
conoscere la storia poco a poco svelandoci, ogni volta che viene narrata, un
nuovo dettaglio che sconoscevamo.
Non ho amato la protagonista che ho reputato un po’ smorfiosetta;
lui, il nostro agente segreto, ha un animo inquieto e triste, rivolto più alla
morte che alla vita. Insomma adesso posso affermare che il romanzo mi ha in
qualche modo colpita. Nel senso che ci sono storie che leggi e poi passano,
altre te le ritrovi dentro nel tempo.
Come voto darei un 7
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