giovedì 8 gennaio 2015

MARTIN EDEN - Jack London





Martin Eden
Jack London
Edizione BuR (Rizzoli)
Traduzione Oriana Previtali

Può la cultura, la conoscenza, il nutrimento dello spirito, portare al male di vivere e condurre alla morte? Tale è la domanda che il lettore si pone nel momento in cui richiude l’ultima pagina di questo romanzo, forse poco noto rispetto a tutta la produzione di Jack London (vedi Zanna bianca, Il richiamo della foresta), ma di sicuro tra i più intensi e umanamente coinvolgenti.
Martin Eden è un marinaio, un giovane marinaio di appena vent’anni, lavoratore indefesso, abile boxeur, gentile di animo, ma altrettanto rude e goffo nei modi e nell’espressione verbale.
Il destino lo mette sulla strada di un giovane dell’alta borghesia al quale Martin salva la vita. La vicenda provoca una profonda gratitudine nel ragazzo, per via della quale Martin viene invitato  presso la dimora della di lui famiglia. E’ qui che, goffo e impacciato come un elefante in un negozio di cristalli, il marinaio fa la conoscenza di Ruth, sorella del giovane e donna molto diversa da tutte quelle che Martin ha fino ad allora conosciuto. E’ così che l’animo poetico di Martin viene stregato da quella figura di fanciulla così eterea, così sicura di sé, così istruita. Ella diviene la sua musa, la fonte di ispirazione e il suo punto di arrivo. E’ per lei che Martin decide di colmare il divario che esiste tra lui e quel mondo di gente così eccelsa, così perfetta. E’ per lei che la sua sete di sapere e di migliorarsi diviene la sua unica ragione di vita.
Il romanzo è perciò il racconto, vissuto a fianco del protagonista, della sua crescita, del suo cambiamento.
Quella alla quale assistiamo è la presa di coscienza, da parte di Martin, dell’ambiente che lo circonda come anche di se stesso, del suo potenziale e della piccolezza di coloro che egli, in un primo momento, vedeva come  giganti.
Il sapere, la cultura, l’approfondimento, lo portano a guardare il mondo, sia quello operaio che quello alto-borghese, prendendone le distanze, quasi come avendo conquistato un punto di osservazione privilegiato e d’insieme. E proprio questa visione chiara lascia Martin  disgustato a causa di ciò che adesso egli è in grado di vedere e di sentire. “Lesse e rilesse la grammatica che aveva portato con sé, finchè il suo cervello fresco non ne fu padrone…Con grande gioia si accorse che il suo orecchio diventava sensibile e che gli si sviluppavano nervi grammaticali”.
La stessa figura di Ruth, per lungo tempo amata e venerata dal giovane marinaio, assume, da subito agli occhi del lettore, ma a suo tempo anche a quelli di Martin, una connotazione negativa. “Ella era afflitta dal solito isolamento mentale che fa credere agli esseri umani che il proprio colore, il proprio credo, la propria politica siano ottimi e giusti, e che tutti gli altri esseri umani sparsi per il mondo, siano meno favoriti di loro”.
Lo scopo della donna è quello di plasmare il giovane a suo piacimento, considerandolo quasi una massa d’argilla. Un rozzo bovaro da addomesticare.
I capricci di lei rappresentano il capriccio ottuso del borghese tipo, annoiato e presuntuoso.
Martin è deciso a diventare uno scrittore e la storia pone il lettore come spettatore  arrabbiato e impotente di fronte ai continui rifiuti da parte delle riviste che, a brevissimo giro di posta, restituiscono al mittente i suoi dattiloscritti. Nessuno crede in lui, non la famiglia e neppure la donna che ama.
E quando, finalmente, giungono i dovuti riconoscimenti al suo lavoro, alla sua fatica, ai suoi sacrifici, ecco che per Martin è troppo tardi. Il suo entusiasmo si è spento, il suo cuore è deluso più che spezzato, nessun avvenimento riesce a procurargli un minimo di gioia.
Una storia triste? O la normale storia di uno spirito superiore costretto nella gabbia della miserevole esistenza che lo circonda e della quale ha preso coscienza?
Romanzo sempre attuale  che fa riflettere e prendere atto della confinatezza degli orizzonti umani. Non esiste via d’uscita agli occhi dell’autore del quale, dopo aver letto la storia personale, si comprende la chiara intenzione autobiografica nella stesura del  romanzo. London morì,
apparentemente suicida, in California a soli quarant’anni. La sua vita fu, né più e né meno, quella di Martin Eden, un giovane vagabondo che dovette adattarsi ai lavori più disparati e che solo molto tardi ebbe i meritati successi letterari. Se davvero la sua vita fu stroncata volontariamente per sua mano, il romanzo assume allora i connotati di un drammatico testamento profetico.
Lettura molto interessante che richiede la giusta disposizione d’animo del lettore ad immergersi nel cuore del protagonista ed a vivere in prima persona gli avvenimenti narrati e l’evoluzione spirituale dello stesso.
Un tassello in più che non dovrebbe mancare nel bagaglio di un amante della lettura e della letteratura .

6 commenti:

Luce Di Stella ha detto...

Bellissima recensione, complimenti. Molto interessante questo romanzo di Jack London: una lettura devvero impegnativa e molto profonda.

COSINE E COSETTE ha detto...

Grazie, mi fa piacere che sia passata a leggerla :-). Tu conoscevi già il romanzo? Per me è stato una scoperta

Luce Di Stella ha detto...

L'ho letto anni fa, ma ho intenzione di rileggerlo perchè ne ho davvero un bel ricordo.

COSINE E COSETTE ha detto...

😊

COSINE E COSETTE ha detto...

Ops! Non so se la faccina che ho pubblicato sia visibile. ..era un sorriso

Luce Di Stella ha detto...

Non era visibile infatti ^_^

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