
Giallo è il colore predominante della casa editrice Fratelli
Frilli e gialli sono anche i toni della storia che vede la luce grazie alla
penna di Vincenzo Maimone nel suo “La
variabile costante”. Romanzo scoperto assolutamente per caso alcuni giorni fa
grazie alla manifestazione del Buk festival tenutosi presso il cortile di
Palazzo Platamone nel pieno centro di
Catania. Festival svoltosi nel
corso di tre calde giornate autunnali e che ha visto come protagoniste piccole
e medie case editrici locali e non.
Per ben due volte ho mancato la presentazione del libro di
Maimone (che spero non me ne vorrà), ma, in questo caso, forse, leggere il
romanzo senza aver prima conosciuto la storia e la natura dei personaggi, ha
fatto sì che mi facessi un’idea tutta mia dei fatti e dei caratteri di ciascuno
dei protagonisti.
In breve e senza anticipare troppo, la vicenda parte con
l’uccisione di una giovane donna. Gli elementi portano a pensare ad un delitto
passionale, ma, via via che le indagini prendono corpo, si prefigura una
situazione molto più complessa del previsto. Il Commissario Costante si troverà
quindi coinvolto in una storia che da Acireale arriva ad affondare le sue
radici fino a Milano. Amori, amici, digressioni filosofiche, accompagnano la
narrazione della vicenda poliziesca.
Se dovessi stilare un ordine di preferenza tra i vari
personaggi, metterei al primo posto di sicuro una figura/non figura che è
quella del demone socratico, una sorta di grillo parlante al contrario, una
vocina sarcastica, cinica e realista che punzecchia di continuo il professor
Tancredi Serravalle, caro amico dell’altro protagonista (perché la
particolarità di questo romanzo sta secondo me proprio nel fatto che non ci sia
un unico eroe della storia) il commissario di polizia Giacomo Costante.
Costante è un personaggio sicuramente positivo, riflessivo,
schietto e per questo sereno e in pace col mondo, in fondo, e con se stesso.
Felicemente fidanzato con Carla, amato dai suoi uomini e sicuro del fatto suo
per quanto sempre pronto a mettersi in discussione.
Tancredi Serravalle è, invece, il personaggio più oscuro,
più tormentato. Una brava persona, un uomo che ha a che fare giornalmente con
giovani studenti, ma anche un uomo insofferente nei confronti dei superiori i
quali, sovente, si dimostrano soggetti di scarsa consistenza e che, però, in virtù dei poteri loro conferiti, ne
usano e ne abusano mostrando in tal modo la piccolezza del loro essere.
Ma non immaginate adesso Tancredi come un personaggio
ombroso, tutt’altro. Il professor Serravalle è aperto, divertente e
autoironico, grazie soprattutto agli interventi del suo sopra citato “demone
socratico”.
Eccovene un esempio:
“Serravalle guardò l’orologio. Si era trattenuto in commissariato un
po’ più di quanto aveva previsto e adesso gli sarebbe toccato raggiungere la
scuola con passo veloce. “ma porca troia!”, commentò il suo demone socratico,
la cui stanchezza ravvivava il suo eloquio. Iniziò a percorrere Corso Umberto
mantenendo un ritmo brillante. Ben presto all’andatura da dressage, Tancredi
sostituì un vivace trotto, seguito di lì a poco da un forsennato galoppo.
(…)Arrivò davanti al portone della scuola esibendosi in una agile derapata. La
camicia era fradicia di sudore. Il bidello lo guardò esterrefatto alzando gli
occhi al cielo, in un misto di compassione e sdegno”
L’ambientazione del romanzo spazia da Acireale a Milano,
passando anche per l’aeroporto di Catania. La descrizione dei luoghi è una delle
cose che più mi ha colpito e affascinato. Di seguito un passo tratto dal romanzo:
“Le luci di corso Umberto cominciavano a riflettersi sul basalto reso
lucido da una leggera pioggerella caduta nel pomeriggio. Il trolley saltellava
sulla pavimentazione irregolare del marciapiede. La luce calda di una vetrina
esaltava una scena agreste raffigurata su un piatto ovale di ceramica
artigianale. Il rosso vivo e il blu intenso delle decorazioni della terracotta
di Santo Stefano di Camastra davano forza e corpo alla semplicità del soggetto
raffigurato. Un laboratorio di pasticceria esponeva una ricca composizione di
frutta martorana. Una natura morta, con frutta e ortaggi che scatenavano i
desideri voluttuosi di golosi impenitenti.”
Che altro aggiungere se non il consiglio di leggere questa
storia, in fondo leggera, ben congegnata e con personaggi che restano nel cuore
del lettore il quale, di sicuro, aspetta di sapere cosa accadrà nella prossima
avventura di Costante e Serravalle.


QUATTRO CHIACCHIERE CON L'AUTORE
VINCENZO MAIMONE
Laureato in Filosofia. Ricercatore in filosofia politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Catania. Autore di vari saggi e articoli su riviste scientifiche. Ha pubblicato due romanzi, Un nuovo inizio (Sampognaro e Pupi) selezionato come semifinalista al Premio Scerbanenco, e L'ombra di Jago (Sampognaro e Pupi). Appassionato di cucina, ama andare in giro in sella alla sua Harley Davidson.
Intanto un saluto a Vincenzo Maimone e partiamo subito con le domande:
D. Solitamente nei romanzi c’è sempre qualcosa di
autobiografico, seppure solo nel modo di pensare dei personaggi e non
necessariamente nei fatti che accadono durante la narrazione. Mi chiedevo se Costante
e Tancredi sono due parti di una stessa persona ossia di un “come siamo” e di
un “come vorremmo essere”
R. Costante e Tancredi, che ormai vivono di
vita propria e hanno assunto una piena maturità caratteriale, condividono
alcuni tratti del loro autore. Sebbene siano diverse le cose che ci
accomunano, tuttavia, lo sforzo che caratterizza la mia struttura narrativa è
quello di presentare al lettore diverse prospettive. La prova è data dal fatto
che il lettore tende ad affezionarsi ad entrambi i personaggi (e ciò mi
inorgoglisce), ma non nella stessa
misura (e ciò mi rende ancora più fiero).
2 D. La figura del demone socratico, che è in fondo
il terzo protagonista del romanzo, è un po’ forse quella parte di noi stessi
che ciascuno è costretta a far tacere per quieto vivere? Secondo Maimone
sarebbe più giusto dare voce al nostro demone socratico o è meglio lasciarlo
lavorare sempre in sordina?
R. Credo che il ruolo che “il demone
socratico” si è ritagliato nelle mie storie rappresenti una ragionevole mediazione
tra convenienza, opportunità e sincerità a tutti i costi. Il suo realismo è
utile a frenare gli slanci idealisti di Serravalle e, in un certo senso, lo
proteggono da una parte da voli inutilmente rischiosi, dall’altro da un servile
asservimento alle logiche burocratiche.
3 D. Ho letto che tra i romanzi precedentemente
pubblicati c’è “L’ombra di Jago”, altra vicenda di Costante e Serravalle. Dalla
trama pare però che non sia la prima. Qual è la giusta sequenza? E avremo un
seguito a La variabile costante?
R. “La variabile Costante” è il terzo romanzo
della serie che vede come protagonisti il commissario Costante e il
professor Serravalle. La sequenza
corretta è la seguente:
“Un nuovo inizio”; “L’ombra di Jago”; “La
variabile Costante”.
4 D. Aggiungo una quarta domanda che non avevo
inizialmente previsto e che riguarda il titolo. Mi pare che “La variabile
costante” possa attribuirsi sia alle vicende che via via il lettore potrà
scoprire leggendo il romanzo e che riguardano in particolare dei codici da
decifrare (se possiamo dirlo), ma sia anche allo stesso commissario Costante.
E’ così? O è semplicemente un gioco di parole che vuol farci pensare ciò? (se
non sono stata troppo contorta).
R. Come accade spesso (direi sempre) nei miei
romanzi il titolo ha diverse chiavi di lettura. In questo caso il titolo
rimanda certamente alla trama (ma mi fermo qui); si riferisce alla centralità
della figura di Costante in questa storia ma anche, e forse soprattutto, “la
variabile costante” rappresenta una sorta di sinonimo, di definizione
alternativa di quella che siamo soliti chiamare “vita”. Detto altrimenti, ci
illudiamo di poter controllare ogni aspetto della nostra esistenza, Seguendo
una sorta di approccio deterministico, consideriamo la nostra esistenza come
una lunga serie di elementi fissi, costanti, misurabili con precisione, e
dunque pienamente controllabili. Dimentichiamo di vivere al contrario entro un
orizzonte “quantistico” dove l’unica, e sola, costante è la variabilità. Non si
tratta di una concessione al fatalismo, bensì un richiamo ad una piena e matura
accettazione del peso e della responsabilità delle nostre scelte.
Un ringraziamento e un grosso in bocca al lupo a Vincenzo Maimone e ai suoi personaggi
1 commenti:
La figura del commissario Costante si è come materializzata nella mia mente, un uomo: calmo e sereno, in pace con se stesso. La finzione del romanzo si fonde completamente con la realtà che vivo quotidianamente, le stradine della mia città caratterizzate dal basolato che con la pioggia diventa viscido! Una trama davvero avvincente!
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