Quale ragazzo al liceo non ha avuto la sua Beatrice? Colei che tutto ispirava, qualsiasi gesto, anche il più assurdo?

Un romanzo dedicato a tutti coloro i quali tra quei banchi hanno incontrato il loro primo amore, quello grande, folle, quello “rosso”, rosso come il sangue.
Sì perché le cose, per il protagonista della storia, sono bianche o rosse. Tutto ciò che è vuoto, monotono, triste o doloroso è bianco ad es. “passare una notte in bianco” (cito dal testo).
Invece le emozioni forti, le cose belle, quelle che ti fanno palpitare il cuore, quelle sono rosse, come i capelli di Beatrice, la ragazza di cui Leo si è innamorato.
Ma la vita è molto più complicata e contorta di quanto un sedicenne possa immaginare e non sempre ciò che accade è “giusto”. E a quell’età, a volte, si è costretti ad imparare delle lezioni che non sempre si è pronti ad assimilare.
Si impara che esitono il dolore, la malattia e la morte, ma anche la mano di un amico che si posa sulla nostra spalla per consolarci e sostenerci. E si impara anche, e soprattutto, ad apprezzare le nostre stesse risorse ed il nostro coraggio.
Un personaggio che ho molto apprezzato e nel quale mi sono un po’ identificata è Silvia, la migliore amica di Leo. Mi sono commossa osservandone i gesti, quei gesti di chi ama in silenzio sopportando il dolore della consapevolezza di chi non viene riamato a sua volta.
Questo romanzo mi ha portata indietro e mi ha fatto rivivere situazioni che non ricordavo affatto. Perciò potrei anche consigliarne la lettura, ma credo che l’apprezzarlo o meno sia un fatto del tutto personale, insomma lo definirei un romanzo “ad effetto soggettivo”
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